Rallentare la transizione ecologica può sembrare una frase paradossale nel presente momento storico dove, con difficoltà, riusciamo a non intercettare questa coppia di parole, insieme a qualsiasi altro concetto legato al cambiamento climatico e alle dinamiche dello sviluppo sostenibile.

Eppure, nel nostro Paese, sembra che la tanto desiderata e sbandierata politica di transizione ecologica sia in perenne affanno e in costante conflitto con la realtà dei fatti.

Legambiente ha redatto un prezioso documento, con i dati consuntivi del 2021, sullo stato attuale delle iniziative private rivolte alla realizzazione di impianti di energia elettrica generata da rinnovabili.

Il documento, disponibile online al seguente link https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Scacco-matto-alle-rinnovabili_report-2022.pdf, merita davvero un approfondimento e una lettura attenta che consiglio a chiunque.

Transizione ecologica e green deal 2030

La transizione ecologica relativa alle decarbonizzazione e all’installazione di rinnovabili fissata dall’Unione Europea ha un obiettivo ben preciso: nel 2030 almeno il 72% della copertura energetica a livello europeo dovrà provenire dalle rinnovabili. L’Italia, invece, dovrà innalzare la quota di GW (giga watt) installati entro il 2030 a quota 70 GW.

Il problema reale, avvertito tanto dalle associazioni ambientaliste quanto dai produttori di energia, è che attualmente l’Italia sta procedendo con tassi di installazione bassissimi. Basti pensare che nel periodo 2013-2020 l’Italia ha viaggiato con una media annua di installazioni di rinnovabili di appena 0,8 GW. Di questo passo il Belpaese riuscirebbe a centrare gli obiettivi fissati solo nel 2100!

Legambiente calcola che per restare in linea con gli obiettivi fissati nel green deal nei prossimi sette anni si dovranno installare mediamente 9 GW all’anno. Questo dato riesce a darci la misura di quanto siamo lontani rispetto agli obiettivi, peraltro non estremamente ambiziosi, fissati dall’Europa.

Un controsenso tutto italiano

Attenzione però a pensare che le iniziative italiane siano ferme al palo, oppure che la tematica non abbia interessato idee di investimenti nel campo delle rinnovabili.

La notizia che in questo contesto fa più effetto è che il livello cumulato delle richieste di installazioni di rinnovabili ricevuto da Terna, in termini di GW totali, supera di gran lunga i 70GW posti come obiettivo.

Questo significa che, nonostante il volume di GW teorici installabili sia già consistente, la maggior parte di questi progetti sono fermi o rallentati in maniera spropositata dall’inestricabile matassa della burocrazia italiana. Leggi nazionali, regionali, provinciali e in alcuni casi comunali rallentano i vari passaggi delle richieste autorizzative, sia in fase preliminare che in fase esecutiva.

Tale processo porta spesso a creare dilazioni temporali talmente lunghe che le tecnologie inserite nei progetti iniziali diventano obsolete e soggette a revisioni, aggiornamenti o cambiamenti radicali, con conseguenti aggravi dei costi e prolungamento della autorizzazioni.

Il rapporto di Legambiente si sofferma con particolare attenzione su 20 casi di “blocchi alle rinnovabili” che riescono a infondere nel lettore la sfiducia più totale nei confronti del “sistema Paese”

Burocrazia, NIMBY e NIMTO frenano la transizione energetica

Dal rapporto di Legambiente si nota come, se da un lato siano i processi burocratici e la poco chiara normativa, ove spesso si intrecciano leggi nazionali con disposizioni locali, a rallentare la transizione ecologica verso le rinnovabili, dall’altro lato vi sono due processi di opposizione “a priori” che ostacolano e non favoriscono le installazioni di rinnovabili.

I comitati c.d. NIMBY (Not In My Back Yard) sono comitati di cittadini che, il più delle volte, osteggiano l’installazione di nuovi siti produttivi. Questi comitati, spesso procedono senza avere necessarie e sufficienti prove che dimostrino il prevalere di reali impatti negativi sull’ambiente e sulle scarse ricadute sociali ed economiche.

Il termine NIMTO (Not In My Terms of Office) invece, viene utilizzato per indicare tutti quegli atteggiamenti di forze politiche e di amministratori nazionali e locali che, al fine di non perdere popolarità e consenso presso determinate fasce di elettori, preferiscono aderire ai processi di impedimento di installazione di nuovi siti.

Come sempre, la verità va trovata nel mezzo. Se è vero che nel nostro Paese si sono verificate realizzazioni di progetti pensati già a monte in modo sbagliato, è pur vero che il “no” a priori non può più essere una politica perseguibile.

Maggiore predisposizione alla transizione ecologica e attente verifiche

Legambiente sottolinea che, mai quanto oggi, con le dinamiche di forte dipendenza dall’approvvigionamento energetico dall’estero, specie in termini di gas, sia necessario rivedere le linee guida relative agli iter autorizzativi degli impianti da rinnovabili.

Non solo sarà necessario un maggiore snellimento delle pratiche e una riduzione dei tempi autorizzativi, ma anche un controllo efficace sulla realizzazione dei progetti stessi, in modo tale da garantire quell’equilibrio sistemico tra la produzione di energia elettrica e il contesto ambientale e paesaggistico del nostro Paese.

Inoltre, è di fondamentale importanza continuare a incentivare le politiche di installazione delle rinnovabile e non penalizzare tali iniziative come sta pensando di fare il governo

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