La parola downshifting significa letteralmente scalare la marcia, rallentare.
È una pratica che ha conquistato un crescente successo negli Usa prima e in Europa poi.
Il downshifting consiste nella riduzione volontaria delle proprie ore di lavoro e di conseguenza del proprio salario per dedicare il tempo guadagnato ad attività capaci di migliorare il nostro stato psicofisico (hobby, volontariato, sport, relazioni sociali).
I downshifter più radicali possono anche decidere di abbandonare definitivamente il loro lavoro per dedicarsi alle proprie passioni. Essi infatti scelgono di ridisegnare uno stile di vita sobrio, lontano dallo spreco di denaro per oggetti che non sono indispensabili per condurre una vita serena.
I tratti fondamentali di questa filosofia sono sicuramente:
- un ritorno alla semplicità,
- la possibilità di vivere con meno,
- spendere meglio,
- riscoprire una manualità dimenticata,
- riappropriarsi di un intimo rapporto con la natura.
Il downshifting in Italia
Uno dei pionieri del downshifting italiano è senza dubbio Simone Perotti, oggi scrittore e skipper, che ha abbandonato il suo lavoro (sicuro e ben pagato) di dirigente aziendale, per dedicarsi alle sue passioni e soprattutto modificando profondamente il proprio stile di vita.
Simone Perotti ha pubblicato il primo saggio autobiografico “Adesso Basta” (Chiarelettere) nel 2009, in cui ripercorre le tappe fondamentali della sua scelta e descrive le sue nuove condizioni di vita, dando interessanti spunti economici e in termini di auto-produzione e spese domestiche.
Vi invito a dare un’occhiate al video seguente in cui l’autore riassume quella che è la sua filosofia.
E voi cosa ne pensate? Il fenomeno del downshifting cresce al ritmo di un milione di nuovi casi ogni anno nel mondo. Potrebbe essere una pratica in grado di prendere piede con maggiore consistenza anche nel nostro Paese?
Settembre 19, 2017 il 2:39 pm
Non so: mi sembra una cosa da ricchi dirigenti, che possono permettersi lavori ‘fantasiosi’ e rilassanti.
Un mio amico, ancorché laureato e con un master, lavora come autista per una cooperativa che fornisce autisti (“schiavi” li chiamerei) ai corrieri internazionali: se gli concedono le ferie non ha malattia, e viceversa, lavora come un matto, senza orari, per permettersi uno stipendio normale – ma che downshifting si può permettere?
Settembre 19, 2017 il 4:25 pm
Ciao Andrea. In realtà nel caso di Perotti, riesce a vivere con 8000€ l’anno. Il concetto di downshifting deve per forza di cose allinearsi con quello di sobrietà: spendo meno e spendo meglio. Ovviamente delle entrate debbono esserci (ahimè non viviamo solo di aria!) e secondo l’autore possono essere commisurate alle spese. Lui, ad esempio, i primi tempi si era messo a tinteggiare staccionate e pulire barche per mantenersi. Oggi credo che la sua condizione sia cambiata grazie all’entrate garantite dalle royalties sui libri ma egli sostiene comunque di seguire uno stile “spartano”.
Io la vedo come una possibilità, al momento, fattibile per quelle persone che lavorano da remoto o magari lavorano con contratti part-time.
Ad ogni modo, se ne hai la possibilità, dai una letta al suo saggio. Grazie per il commento e buona serata.
Settembre 19, 2017 il 4:53 pm
Ciao.
Sì, anche io ho vissuto un periodo spendendo all’incirca la stessa cifra (400€ di affitto e circa 350€ per vivere): mi divertivo, ma bisogna scordarsi i piccoli lussi, i piccoli vizi (il caffè al bar!), il dentista, una macchina con meno di 10 anni, una famiglia, una casa con un mutuo…
Proverò a mettere in lista il libro di Perotti, ma parto dal pregiudizio che una ristrutturazione dell’economia della società darebbe risultati più duraturi per il benessere dei cittadini 😉
Grazie a te per il post interessante!
Settembre 19, 2017 il 8:12 pm
Spero davvero che questo stile prenda piede e si espanda…..sarebbe un bene!
Settembre 19, 2017 il 8:27 pm
È un po’ difficile Silvia ma credo che in futuro, con il trasformarsi di molti lavori, ci saranno sicuramente più possibilità!
Settembre 21, 2017 il 6:33 pm
Mi sembra un’opportunità speciale, se si riuscisse a vincere gli egoismi
Settembre 22, 2017 il 9:31 am
In effetti, se la si immagina ad un livello esteso, oggi questa filosofia appare un po’ come un’utopia, ma chissà…Diceva un mio professore: abbiamo bisogno di una lenta e matura transizione verso questa concezione del mondo, non di una traballante rivoluzione! 🙂